Vorrei sottolineare fin da subito come l’insegnamento sia strettamente connesso alla sfera emotiva, e perché no, anche ludica e come ciò permetta un maggior coinvolgimento degli allievi nell’apprendimento degli argomenti esposti nelle discipline. Al liceo Scientifico G. Marinelli di Udine, dove insegno filosofia e storia, ho portato nelle mie classi quarte un’attività basata sulla tecnica didattica del debate in area filosofica. Non è una novità per me, ho già impiegato spesso questa modalità di studio che, gli stessi allievi, anno dopo anno hanno apprezzato e con la quale si sono divertiti. La proposta che porto avanti, a seguito di tutte le esperienze positive fino a ora riscontrate è semplice nell’applicazione, con poche ma chiare regole da seguire. La parte più lunga è la progettazione e la messa in atto attraverso la produzione di vere e proprie carte da gioco. Le carte vengono utilizzate dagli allievi e rendono l’attività differente dalle più tradizionali forme di dibattito. Ho potuto affinare la tecnica negli anni in cui, di volta in volta, ho sperimentato questa particolarità didattica; fondamentale è stato il raffronto con quelle che erano le sensazioni degli allievi. Confrontandomi con loro, anno dopo anno, ascoltando le loro idee su cosa poteva rendere maggiormente stimolante e appassionante l’attività, mi è stato possibile migliorare e portare anche quest’anno un’attività che è stata ulteriormente arricchita.
Ma in cosa consiste questo gioco didattico? Si preparano delle vere e proprie carte da gioco, ma anziché presentare cuori, picche e fiori si presentano i volti dei grandi filosofi. Ogni carta filosofo riporta delle istruzioni da seguire e delle indicazioni di massima sul loro pensiero che serviranno da linee guida agli allievi nel corso delle partite. Fra le carte a disposizione gli allievi trovano anche delle carte “speciali” ovvero delle carte che identificano non il personaggio, ma una corrente di pensiero o una trappola logico-argomentativa dalle quali dovranno difendersi di volta in volta argomentando come meglio potranno.
Ma come si gioca? Ogni allievo riceve un certo numero di carte selezionate dal docente o, quando il gioco si complica, estratte a sorte. Il docente fa tirare fuori da un elenco, in maniera casuale, anche un argomento da trattare (la libertà, lo stato di natura, la filosofia politica, la morale, ecc). Le varie partite si tengono in un tempo prestabilito, di solito 10 minuti, nelle quali ogni allievo utilizzerà le regole classiche del debate; ma a ogni turno potrà argomentare solo attraverso le carte che si ritroverà a possedere. Le sfide fra gli allievi seguono un ordine da torneo con qualificazioni e conseguenti passaggi ai quarti, alle semifinali e alla finale vera e propria. Gli argomenti, che di fase in fase vengono predisposti dal docente, procedono secondo un ordine di complessità e specificità passando quindi da argomenti generici e che lasciano ampio spazio di gestione delle tematiche, a temi sempre più dettagliati che “costringono” gli allievi a un impegno crescente nel predisporre argomentazioni logiche e critiche sempre più complesse. Il tifo fra i compagni è assicurato.
Viene concesso del tempo agli allievi per ordinare le idee prima di ogni incontro dialettico? Certamente servirà del tempo per organizzare i pensieri una volta ricevute le carte e stabilito l’argomento. Le ragazze e i ragazzi avranno quindi modo di riflettere per qualche minuto prima di dare avvio alla disputa, trovare connessioni con argomenti dell’attualità, fatti storici o scoperte scientifiche che possano supportare la loro tesi.
Il gioco prevede le regole generali del debate, qui come si articolano? Alla stessa maniera. Il docente, che conosce le varie caratteristiche degli allievi e la loro preparazione, forma delle coppie o dei terzetti di sfidanti sulla base delle loro conoscenze e capacità sulla disciplina, contestualmente stabilisce gli arbitri che di volta in volta prenderanno anch’essi parte alle sfide, viene poi individuato il tema da trattare (come già prima si è detto) e in caso di dubbi da parte degli sfidanti il docente interviene con delle indicazioni. Fatto ciò e trascorsi i minuti necessari per ordinare le idee, si da avvio alla sfida che si divide in tre fasi: una esposizione generale del tema e della tesi che si intende difendere, la confutazione e la critica alla posizione dell’avversario, la conclusione.
A che pro questa attività? I motivi per cui svolgere un’attività di questo genere sono diversi e tutti incentrati sulla capacità di risolvere problemi e sviluppare il senso critico attraverso la percezione di sé, la creatività, lo sviluppo di una comunicazione efficace, la gestione dello stress e quindi delle emozioni; sicuramente un punto cardine è l’empatia che si sviluppa fra i compagni di classe che si ritrovano ad affrontare le stesse condizioni di gioco.
Ma chi arbitra gli incontri? L’arbitraggio viene portato avanti dal docente coadiuvato da alcuni allievi della classe, di solito tre, i quali prenderanno poi anche parte alle sfide vere e proprie al loro turno. Gli arbitri e i ragazzi che si sfidano hanno modo di consultare una griglia di valutazione fornita dal docente per valutare contenuti, capacità espositiva e logica dei vari giocatori. Da notare come l’articolazione del gioco spinga gli allievi a mantenere un comportamento corretto e spinga a una autonoma e spontanea valutazione dei pro e dei contro di un agire virtuoso reciproco.
È un’attività proficua? Questo tipo di attività didattica è stata proposta di anno in anno e sempre in nuove classi riscuotendo successo fra gli allievi. Al di là di come le sfide si articolino, a vincere è sempre la conoscenza e la logica, a vincere sono i ragazzi e le ragazze che si divertono e imparano in serenità la filosofia, quasi immersi in una condizione catartica e insieme formativa. I discenti si divertono e imparano, prendono maggiore consapevolezza di loro stessi e i livelli di stress tendono a ridursi una volta terminata l’attività e ripreso il percorso scolastico. La filosofia appare meno astratta e più cogente alle tematiche di ogni giorno o a un vivere bene di ognuno e si diffonde un senso di rispetto nei confronti dei vari componenti della classe.
Cosa resta ai ragazzi e alle ragazze di questa attività a distanza di tempo? Gli allievi portano con loro un ricordo piacevole di quelle giornate e di quei momenti che si uniscono ad altri momenti inerenti tutto il percorso della disciplina. A riguardo mi viene da pensare ad attività quali la formulazione di presentazioni multimediali, altre possibilità di incontro e scontro su tematiche diverse e momenti di confronto in classe che poi restano nella memoria dei futuri diplomati. Trovo che sia un buon modo per produrre, oltre ai contenuti che inevitabilmente con il tempo tenderanno a svanire o a ridursi considerevolmente, delle capacità relazionali e maggiore fiducia in se stessi. Alcuni argomenti trattati durante le lezioni resteranno maggiormente impressi negli studenti che faranno loro o manterranno in memoria in contrapposizione al loro modo di essere e di interpretare il mondo. Ricordiamoci che siamo pur sempre, quando si parla di adolescenza, in una fase di sviluppo e di formazione e queste attività possono essere un valido strumento per favorire la crescita personale.
Filippo Ferrandi
docente di Filosofia e Storia
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